Un’interfaccia di scrittura concepita a dispetto delle più elementari regole di usabilità, accessibilità e leggibilità.
La tradizione di polemiche, strascichi e azioni a colpi di carte bollate in occasione delle procedure concorsuali, in particolar modo quando si tratta di reclutamento dei DS, è lunga e il Ministero dell’Istruzione ne sa qualcosa.
Anche questa volta, in occasione del corso-concorso per la selezione dei nuovi dirigenti scolastici avviato nel 2017 e che dovrebbe giungere a conclusione entro il 2019 le cose non sembrano destinate ad andare diversamente.
Dopo i ricorsi sul punteggio minimo di ammissione alla prova scritta, le polemiche sulla minore durata della prova rispetto a quella del tutto simile svolta in provincia di Bolzano e la prova scritta “quasi unica” su tutto il territorio nazionale rinviata in Sardegna per la chiusura degli uffici pubblici causa allerta maltempo ora ci si mettono anche le tecnologie.
La prova svolta il 18 ottobre scorso ha superato la lunga tradizione delle precedenti edizioni che prevedeva intere giornate a disposizione per vergare in bella copia un saggio esaustivo. Questa volta, per stare al passo con i tempi e con la tanto invocata innovazione, la cornice all’interno della quale si sta delineando un disastro è stata quella delle tecnologie, quelle appunto usate per una prova scritta informatizzata il cui obiettivo sembra essere stato quello di verificare la piena capacità dei candidati di saper svolgere la prova in fretta e male.
A dare un tocco di originalità alla prova ci si è messa un’interfaccia che, più che concepita per far redigere testi agili e sintetici riguardanti soluzioni organizzative e didattiche efficaci, è sembrata la rudimentale appendice di un terminale utile a tabulare stringhe di caratteri alfanumerici da digitare sulla periferica di input di un calcolatore di vecchia memoria. Sequenze di caratteri che non potevano essere né spostate né riorganizzate tramite la funzione di taglia e incolla e, in caso di necessità, andavano riscritte di sana pianta. Per motivi di sicurezza, si obietterà, per evitare che si potessero copiare e incollare risposte belle e pronte preparate prima della prova. Giusto, ma probabilmente sarebbe stato sufficiente inibire l’accesso alle periferiche esterne.
Un’interfaccia di scrittura concepita a dispetto delle più elementari regole di usabilità, accessibilità e leggibilità.
Un’interfaccia di scrittura concepita a dispetto delle più elementari regole di usabilità, accessibilità e leggibilità. A cominciare dal carattere scelto che era di dimensioni alquanto ridotte e non modificabili. Inoltre chi si è preso la briga di verificare quanto era lunga ciascuna riga nell’interfaccia di videoscrittura usata per la prova scritta avrà potuto constatare, dal video delle istruzioni diffuso soltanto il giorno precedente alla prova, che la lunghezza di ciascuna riga era di ben 245 caratteri. Decisamente troppi per una consultazione agevole del testo, una scelta contraria al più elementare requisito di accessibilità. Ancor più se si considera che si tratta di una procedura concorsuale alla quale erano presenti oltretutto candidati beneficiari della Legge 104.
Un’interfaccia che permetteva di andare all’indice rischiando di perdere parte del lavoro svolto. Nelle istruzioni veniva spiegato che, durante lo svolgimento della prova, sarebbe stato sempre possibile andare alla pagina di riepilogo, ma non si specificava che, facendolo senza aver prima confermato la domanda che si stava per lasciare, questa sarebbe scomparsa per sempre.
La normativa italiana inerente agli obblighi di accessibilità c’è ed è ben chiara su tutti gli aspetti riguardanti l’accesso agli strumenti informatici da parte dei soggetti con disabilità e, come nel caso della prova scritta in oggetto, dei gruppi di utenti dei quali fanno parte persone con disabilità. Dell’accessibilità si è occupata l’Unione Europea e in Italia esiste una serie di disposizioni normative a partire dalla Legge Stanca (2004) con i successivi decreti attuativi (Decreto 20 marzo 2013, Modifiche all’allegato A del decreto 8 luglio 2005 del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, recante: «Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici”). L’inosservanza di queste disposizioni comporta tra l’altro vari tipi di responsabilità, tra cui quella dirigenziale e quella disciplinare.
l’ambiente deve prevenire gli errori e, qualora questi accadano, devono essere fornite le modalità per recuperare in modo semplice eventuali errori di interazione
Sono state da tempo emanate linee guida che indicano chiaramente alcuni principi di utilizzabilità, prevedibilità, dimensione del testo utilizzato, anche in funzione della prevenzione degli errori. A tal fine, anche nel caso specifico di risposte a test, la normativa richiede che le azioni compiute dall’utente possano essere reversibili, che l’utente possa correggere eventuali errori di inserimento anche attraverso strumenti di conferma e correzione prima del loro invio definitivo. Il principio ispiratore è quello della tolleranza dell’errore. Nelle linee guida si legge che l’ambiente deve prevenire gli errori e, qualora questi accadano, devono essere fornite le modalità per recuperare in modo semplice eventuali errori di interazione e devono essere forniti appropriati messaggi che indichino chiaramente il problema e le azioni necessarie per recuperarlo.
Come andrà a finire non è difficile prevederlo, vista la dichiarazione del ministro alle Camere in occasione della quale ha scaricato la colpa sui candidati. Come in passato, si perverrà alla sofferta conclusione della procedura concorsuale ma, come al solito, anche questa volta è probabile che non risponderà nessuno delle scelte avventate, delle decisioni frettolose e delle eventuali inadempienze. Alla faccia della responsabilità e della rendicontazione.